Rubino (gemma)

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Appare evidente che rubino derivi dal latino ruber (rosso); esso apparteneva un tempo, più genericamente, alla grande famiglia dei carbonchi, nella quale rubini, spinelli, granati, giacinti, convivevano pacifici sotto la comune denominazione di carbunculus, perchè brillante al some come carbone acceso.

Alberto Magno chiamava il rubino il carbonchio più scuro; il Mandeville classifica i carbonchi come rubino, antrace e balascio; Cellini afferma, dal canto suo, che esistono solo quattro pietre degne di essere chiamate “preziose”, ciascuna in relazione ai quattro principali elementi: Diamante (acqua), Zaffiro (aria), Smeraldo (terra) e Rubino (fuoco).

La composizione di un rubino

Il rubino è un corindone, ovvero anidride carbonica alluminica colorata dall’ossido di ferro e cromo contenuti a livello di impurità; inattaccabile agli acidi, infusibile al cannello, cristallizza nel sistema romboedrico, in prismi esagonali e, spesso, presenta inclusioni solide (rutilio, mica, ematite), liquide o gassose, che contrariamente al solito, sono auspicabili.

Esse permettono, infatti, di distinguere le pietre naturali da quelle false, che ne sono prive e di riconoscere la loro provenienza. Ad esse il rubino deve il suo aspetto sericeo e la comprova della sua nobiltà. La pietra è birifrangente uniassica e ha indice di rifrazione molto elevato, anche se qui non si raggiunge il gioco di luce tipico del diamante. La lucentezza appare viva e vitrea, la trasparenza notevole, ma diminuisce con la progressiva intensità del colore.

Le tonalità del rubino

Il rubino comprende una vasta gamma di rossi, di tono e pregnanza diversi, talvolta leggermente tendenti all’azzurro, al violaceo, al bruno, al giallo. Il più prezioso fra tutte le varietà di rubini è la specie di carminio intenso, turbata appena da minuscole macchiette bianche, facilmente eliminabili per mezzo del riscaldamento.

La tinta del rubino, contrariamente al comportamento di altre pietre, non cambia, né sottoposta alla luce artificiale, né al calore (macchiette escluse); a dire il vero, a temperatura elevata, sbiadisce, ma, raffreddata, ripristina il colore originario, passando attraverso la gamma del verde.

Il pleicroismo è assai sensibile e aumenta con l’intensificarsi del colore. Osservata dalla base, la gemma appare più scura, dalle facce laterali, più chiara; bisognerà quindi tenerne conto durante il procedimento del taglio, per poterne esaltare al massimo le sue qualità ottiche. Il rubino si elettrizza positivamente per confrincazione ed elettricità, così generata, si mantiene per ore. Il peso specifico è molto elevato, la durezza considerevole, sebbene non vengano raggiunti i valori del diamante.

I giacimenti di rubini nel mondo

Piuttosto infrequenti e scarsamente importanti, sono i giacimenti del rubino, limitati alla Birmania, al Siam (Thailandia), allo Sri Lanka, dove erano già noti ai tempi dei viaggi di Marco Polo. Questi scrisse infatti: “sappiate che in quest’isola nascono i buoni e nobili rubini e non nascono in niuno altro luogo al mondo piue”.

Depositi secondari sono qui, come al solito, presenti sul fondo delle valli fluviali e sui fianchi delle vallate. I rubini più belli, molto intensi, provengono però dalla Birmania, dove sono rinvenuti insieme allo zaffiro, allo zircone, allo spinello e alle tormaline in depositi secondari argillosi e sabbiosi, ricoperti di detriti analoghi ma sterili o in grotte. Esistono anche giacimenti in posto, in calcari dolomitici, resi marmorei per metamorfosi di contatto. I rubini del Siam, assai meno pregiati, sono molto pallidi e tendenti al giallo o all’arancio. Rubini si possono rinvenire anche nelle regioni aurifere e diamantifere dell’Australia e del Brasile, nei giacimenti alluvionali del Nord Carolina (U.S.A.) e nel Madagascar.

Le leggende sui rubini

Contrastando le ipotesi fantastiche proposte dalle leggende sullo origine delle gemme, ipotesi che vorrebbero il rubino immaturo figlio del balascio, oppure prodotto del sangue del grande Asura (demone), a Ceylon, invece, la scienza spiega la sua nascita per metamorfosi di contatto tra calcari impuri e graniti o per segregazione diretta da un magma. Il primo taglio, il rubino grezzo, lo subisce quasi sempre in Oriente; qui s’impiega una foggia che permette la minor perdita possibile di peso; il secondo taglio, a brillante, misto, a gradini o a superficie curva, viene solo in seguito affidato agli esperti, ma certamente meno economi, intagliatori europei.

I rubini sono pietre molto piccole che raggiungono raramente misure sopra i tre carati, sono rari e molto cari. Ha quindi del meraviglioso e del fantastico l’esemplare di Ceylon di cui narra Marco Polo, lungo un palmo, per il quale il Gran Khan offrì in cambio un’intera città e se la vide rifiutare. Il De Boot menziona il rubino di Rodolfo II, grosso come un uovo di gallina; quello appartenuto a Caterina II, incastonato sulla sua corona e avente le dimensioni di un uovo di piccione, pare fosse una semplice tormalina.

Sono stati rinvenuti, questo è vero, rubini di 1000 o 2000 carati, ma erano difettosi da non poter essere classificati come gemme. Può anche capitare, con l’aiuto di una bilancia idrostatica, di scoprire che la bella Pietra Rossa che si era creduta un rubino, appartiene in realtà alla categoria degli spinelli, dei granati, della tormalina e dei quarzi, tutti rossi ma di peso specifico notevolmente inferiore a quello della vera gemma. Fra i granati, ne esistono alcuni di ugual peso ma durezza minore; oltre a ciò spinelli e granati sono monometrici, mentre il rubino, romboedrico, è birifrangente e quindi, a differenza di questi, pleicroico.

Si falsificano i rubini anche con dei vetri colorati (strass più sali d’oro) o con i doppi: lo conferma anche Plinio: “falsifincansi col vetro che somigliano benissimo, ma si conoscono i veri con la pietra da arruotare come le altre gioie contraffatte perché la materia ne è più tenace e fragile”. Dal 1837 sono stati creati anche rubini di sintesi, smascherabili però con un buon microscopio in quanto presentano strie di accrescimento e inclusioni gassose e mancano, ovviamente, di forma cristallina; sono più fragili dei rubini naturali e si fessurano facilmente. La distinzione dei veri dai falsi ha una grande importanza occulta, oltre che economica; oltre al colore, anche la composizione chimica e il luogo di provenienza, delle cui vibrazioni la pietra è impregnata, svolgono un ruolo di rilievo.

Credenze sui rubini

Il rubino è stato, nel tempo, pietra di cavaliere, di imperatori e degli dei della mitologia di vari paesi. La casa del Dio Sole era di rubini e pavimentata di smeraldi e così i lato Ovest del monte Meru, secondo la tradizione indù, centro del mondo; gli Arii non reputavano il rubino semplice pietra ma piuttosto occhio del serpente sacro, catturato con rituali particolari.

Un ponte di rubini dava l’accesso al paradiso dei rabbini. Il termine ebraico che designava il rubino, quarta gemma del Razionale, era nofech; in sanscrito lo si appellava invece ratnanayaka (Signore delle pietre preziose) oppure “goccia di sangue del cuore della madre terra”. Il folklore islamico tramanda, invece, la leggenda di un rubino incastonato in oro, che aveva il potere di rendere invisibili, donava felicità in amore e proteggeva dalle calamità; fedeli islamici ritengono che la Kaaba, la pietra nera adorata dai Maomettiani come simbolo divino, fosse originariamente un rubino, annerito dai peccati degli uomini, nel giorno del giudizi universale; questa pietra, affermano gli Arabi, testimonierà per chi l’ha adorata e contro chi l’ha disprezzata.

La tradizione greca, che dedica la gemma ad Apollo, ci tramanda il mito di Eraclea; essa, in cambio delle cure prestate ad un uccellino ferito, ricevette un rubino, gettatole in seno da questo, guarito, le svolazzava intorno. Un rubino era anche pietra incastonata sulla spada di Balmay, che Sigfrido aveva guadagnato combattendo contro i Nibelunghi.

Proprietà magiche dei rubini

Molte proprietà gli erano attribuite dagli antichi, come conseguenza della sua natura divina: gettato in acqua bollente faceva cessare l’ebollizione all’istante; esposto al Sole, emetteva raggi rossi come il fuoco: non bruciava (apiroto), proprietà questa che fu in seguito dimostrata falsa dagli esperimenti eseguiti con un sistema di specchi ustori. Si credeva inoltre che gli Etiopi sapessero misteriosamente farlo rilucere per 14 mesi di seguito, tenendolo immerso in aceto per 14 giorni. Così rosso e vivo, il rubino non potrebbe esimersi dal rappresentare l’entusiasmo, la gioia di vivere, l’allegria, la libertà. È l’emblema dell’amore e dell’ardore, di forza e salute nel mondo fisico, passione e azione in quello astrale. Di felicità, fede, fortuna e secondo altri, di purezza, simpatia, tranquillità.

La religione cristiana ha eretto il rubino a simbolo della carità, della vittoria dello spirito, dell’uomo perfetto e designa, con esso, le figure di Gesù, di San Giacomo Maggiore e di San Pietro. Ma esiste, anche per il rubino, una tradizione negativa, che lo considera simbolo di sfrenato desiderio di lode, di avidità e di ambizione. La magia del rubino si estende a molteplici campi d’applicazione, ampliati probabilmente dalla fama e dal pregio che la pietra ebbe, e ancora ha, in ogni parte del mondo. Secondo qualche autore, le sue proprietà sarebbero identiche a quelle dello zaffiro, perché entrambi si rinvengono negli stessi luoghi ed entrambi sono distinguibili in maschi e femmine ma non è possibile tralasciare la differenza cromatica e i differenti influssi planetari che le diversificano.

I poteri del rubino come amuleto

Il rubino riconcilia chi ha litigato, protegge dai pericoli dell’acqua e dalle tempeste, dai nemici, dai veleni e dalla sventura, che predice, come altre gemme, cambiando colore e annerendosi in caso di morte. Montato in un anello, depura l’aria infetta, preserva dalle epidemie, fuga gli incubi. Dona successi nelle controversie e in guerra; salute, gioia e fortuna in amore, bandisce gli spiriti maligni.

Plinio asserisce che assicuri il favore che assicuri il favore dei potenti, distrugge la tristezza e gli affanni sentimentali, rende belli ed eleganti nel portamento. Reprime la lussuria, distoglia dai cattivi pensieri, rende intuivi e vittoriosi in ogni impresa e, infine, allontana le serpi. Inoltre, apporta onore, calma la collera, protegge da streghe e incantesimi, salvaguarda le coltivazioni dai danni atmosferici. Immerso nell’acqua bevuta dal bestiame, ne guarisce ogni malattia. Il rubino, si dice, è pietra invincibile che rende invincibile e coraggioso chi la tiene a contatto con la pelle. Toccando con la gemma i quattro angoli della casa e del giardino, li si preserva dal fulmine; porta buone notizie, buona ventura, accresce l’intelligenza, dona memoria ferrea e grande sete di conoscenza. Apporta pace e concordia, infonde serenità e, a detta di alcuni autori, dona ricchezza. Pare però, afferma il Cardano, che tutti questi poteri di annullino se la gemma appartiene a una persona maligna e incostante; in questo caso essa eccita la gelosia, rende insonni e irascibili e, nei casi più rilevanti, apporta sventura, specie se appare scura o macchiata.

In terapia, l’acqua dov’è stato immerso un rubino rappresenta, secondo la tradizione medioevale, un eccellente stomachico; rinvigorisce l’organismo, rinforza i debilitati e gli anemici, contrasta la bile e le flatulenze. Polverizzato e sciolto in una bevanda calda, oppure tenuta in mano, arrestava, si affermava in passato, le emorragie interne. Rinforzava il cuore e il cervello, chiarificava il sangue, combatteva avvelenamenti e pestilenze. Polverizzato, veniva cosparso sulla pelle, in caso di pustole, eczemi e tutte le malattie epidermiche in genere; in collana, salvaguardava dai morsi di animali. Il rubino dovrebbe essere sempre portato sulla pelle, vicino agli occhi (come diadema o orecchino), o al cuore, possibilmente sulla parte sinistra del corpo.

Come anello ornerà preferibilmente il mignolo. Si narra che, incidendovi l’immagine di un uomo nell’atto di bisticciare, si accrescono ricchezze e onori; anche la sagoma di un dragone accresce i beni e fa il portatore lieto e sano. Quello d’uomo, a cavalcioni di un pesce, che rechi sul capo un pavone, fa si che ponendo la pietra sotto il tovagliolo, per quanto si mangi, non si sia mai sazi. La figura naturale, ossia non incisavi appositamente, di un ragno o di una serpe, impedisce a questi animali di nuocere; essa inoltre rafforza la memoria e porta gioia.

Rubino, pianeti e zodiaco

La bella gemma cremisi ha, come intuibile, natura di Marte, ed è quindi portafortuna per il martedì, in particolare per la quarta e quinta ora. Costituisce l’ornamento prediletto dalle donne brune, specie se native de Capricorno, dello Scorpione, dell’Ariete (I decano), del Leone e dei Pesci (III decano). A parere degli autori che preferiscono usare le gemme come sostegno di astri debilitanti nell’oroscopo, dovrebbe essere portata da Bilance e Cancri, segni in cui Marte si trova in condizioni disagevoli. In specifico gli Arieti, doppiamente marziani, della Iª decade, saranno protetti dall’orgoglio, dall’imprudenza e dai colpi di testa.

I Gemelli del IIº decano, mercuriani di segno e marziani di decade, troveranno, nel rubino, un alleato per combattere capricci, inquietudini, sbalzi d’umore e per avere fede in se stessi. I Cancerini spesso romantici, indecisi e privi dell’energia e dell’entusiasmo marziani, vinceranno, con un rubino montato in argento, la loro pigrizia e si cauteleranno dai problemi affettivi. Ai Leoni del Iº decano, conflittualmente dominati dal Sole e Saturno, il rubino donerà vitalità e forza d’animo, ambizioni e piaceri; quelli della terza decade, solari e marziani, saranno protetti dalle difficoltà, le intossicazioni e gli avvelenamenti. Entrambi monteranno la pietra in oro o, secondo la tradizione indiana, in rame e la preferiranno come anello; ciò li renderà più equilibrati e smorzerà la collera, cui possono andar soggetti.

Le Bilance, portando questa bella pietra che secondo qualche fonte subisce anche l’influenza di Venere, eviteranno i guai finanziari e rotture sentimentali; gli Scorpioni, per i quali il rubino è gemma sovrana, potranno meglio avvantaggiarsene, montandolo in ferro: i nativi del primo decano, doppiamente marziani, otterranno facile riuscita ed inattese eredità, protezione da ferite, malinconia e delusioni; quelli dell’ultima decade, venusiani e marziani, troveranno nella pietra riparo da furti e malvagità. Il rubino sarà amico dei Capricorni, dissipando la malinconia e le angosce che li affliggono ed allentando la solitudine, talvolta loro compagna; potranno riportare successi e rimediare alle cadute fisiche e psichiche, da cui sono sovente colpiti.

Infine i Pesci della terza decade, influenzati, quanto a questa, da Marte, vedranno aumentare, ornandosi con la gemma, la loro forza d’animo, la capacità di attenzione e le imprese con esito favorevole. Un rubino porta fortuna a chi è nato in Dicembre, Marzo e Luglio, specialmente di martedì, ma anche di domenica. È raccomandato, da quasi tutti i Grimori, per le opere magiche compiute in questi giorni e in particolare per il martedì, montato in ferro e associato a profumi marziani, quali assenzio e ruta. È una pietra legata all’estate, propizia ad Arturo, Lucrezio, Ercole, Roberto e Dante, ai quali spegne le fantasie morbose.

Sognare un rubino significa ricevere doni inattesi.

© Foto: Cicala, GemsbyMail, RubyGemstone, Kingstonegems.